La pesca del krill batte l'ambiente marino. Cina e Russia fanno fallire il vertice sull’Antartide - HuffPost Italia

2022-11-07 16:52:34 By : Mr. Bieber He

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Difendere la pesca industriale o tutelare i delicati ecosistemi naturali dell’Antartide? A questa domanda erano chiamati a rispondere 27 Paesi che nelle ultime due settimane hanno preso parte a un summit internazionale sulla gestione delle risorse marine in Antartide, dove - secondo un’indagine che abbiamo realizzato grazie al supporto di journalismfund.eu e dell’Earth Journalism Network - l’ostruzionismo di alcuni Paesi, legato agli interessi dell’industria ittica, ha impedito la creazione di aree marine protette per tutelare la biodiversità e contrastare i cambiamenti climatici.

Dal 2017 ad oggi Cina e Russia hanno posto ogni anno il veto per l’istituzione di tre nuove aree marine protette nell’Oceano Meridionale, richieste dalla comunità scientifica per difendere la biodiversità dei mari che circondano l’Antartide, e preservarne la capacità di contrastare i cambiamenti climatici. I due Paesi hanno confermato questo ostruzionismo anche nella riunione 2022 della Commission for the conservation of Antarctic Marine Living Resources (CCAMLR), che si è tenuta dal 24 ottobre al 4 novembre a Hobart, in Australia. Un incontro di fatto fallito.

La ragione di questo veto è legata all’interesse per la pesca del krill antartico (Euphausia Superba), una sorta di piccolo gamberetto alla base della catena alimentare degli ecosistemi antartici, pescato e utilizzato per produrre farina e olio di krill, destinati principalmente alla produzione di mangimi per acquacoltura.

“Le tre proposte di stabilimento di aree marine protette, di cui due patrocinate dall'Unione Europea, non sono passate”, ci racconta Orazio Guanciale, diplomatico della Farnesina delegato per l’Italia alla riunione del CCAMLR. “Cina e Russia hanno opinioni diverse dal resto della membership e nel sistema del Trattato Antartico vige un'applicazione rigorosa del principio del consenso. Basta un Paese che si oppone e si blocca tutto”.

Il CCAMLR è un organo dell’Antarctic Treaty, convenzione internazionale stipulata nel 1959 per la salvaguardia dell'Antartide, e ha competenza specifica per la gestione delle risorse marine. La commissione, a cui prendono parte 27 Paesi Membri e altri 10 Paesi osservatori, si raduna ogni anno in Australia e si occupa tra le altre cose di regolamentare la pesca e decidere l'istituzione di aree marine protette.

“Dal punto di vista scientifico, siamo in una situazione di best available science che supporta le proposte di istituire nuove aree marine protette”, afferma Marino Vacchi. Il ricercatore si riferisce a una fitta serie di studi che fanno da corollario alle tre proposte di nuove aree protette nel Mare di Weddell, nell’Antartide Orientale e nella Penisola Antartica.

“Ma c’è una situazione di opposizione da parte di due Paesi (Russia e Cina, ndr), che sono quelli che si sono sempre dichiarati contrari a queste zone protette”, continua Vacchi.

Una rete di aree marine protette in Antartide

L’Oceano Meridionale circonda l’Antartide e rappresenta circa il 6% degli oceani del pianeta. Quest’area è considerata un patrimonio unico di biodiversità, con ecosistemi di pesci, balene, mammiferi, uccelli marini, invertebrati e microrganismi che svolgono anche un ruolo fondamentale nella capacità del mare di catturare e stoccare CO2 dall’atmosfera. Ma negli ultimi decenni l’Oceano Meridionale è stato anche un hotspot per il cambiamento climatico.

“Stanno succedendo tante cose in Antartide”, afferma César Cárdenas, ricercatore dell’Istituto antartico cileno e membro del comitato scientifico del CCAMLR. “Avvengono molti cambiamenti nelle temperature dell’acqua, dell’aria: negli ultimi 15 anni abbiamo visto cambiamenti nelle superfici ghiacciate, aumento delle piogge. Tanti mutamenti che hanno un impatto consistente sull’ecosistema marino in Antartide”.

Sin dai primi anni 2000 i Paesi membri del CCAMLR si sono impegnati nella creazione di una rete di aree marine protette per preservare gli ecosistemi antartici dalle minacce dei cambiamenti climatici, dell’acidificazione delle acque e della pesca industriale. Nel 2009 è stata istituita la prima area protetta nel settore meridionale delle South Orkney Islands. Nel 2016 è stata la volta del Mare di Ross, dove oggi sorge la più grande area marina protetta del mondo, con un’estensione di due milioni di chilometri quadrati.

Dopo questo slancio iniziale, però, gli equilibri politici sono cambiati. Negli anni successivi sono rimaste ferme sul tavolo del CCAMLR le tre proposte che riguardano il Mare di Weddell e la costa orientale dell’Antartide, promosse dall’Unione Europea, e l’area marina che circonda la Penisola Antartica, iniziativa di Cile e Argentina.

Per essere approvate le decisioni del CCAMLR devono essere votate all’unanimità da tutti i Paesi membri. Al contrario, negli ultimi anni Cina e Russia hanno posto sistematicamente il veto sull’istituzione delle nuove aree marine protette. “Il problema vero è che Russia e Cina non stanno negoziando in buona fede”, ha detto Rodolfo Werner, che ha partecipato ai lavori del CCAMLR per contro della Coalizione per l’Antartide e l’Oceano Meridionale (Asoc), un coordinamento tra ONG impegnate nella tutela dell’Antartide. “La Russia e la Cina non stanno esprimendo con chiarezza quali sono i motivi di opposizione”.

Proprio l’Istituto antartico cileno di Cárdenas, insieme all’Istituto antartico argentino, è autore della proposta per l’area protetta intorno alla Penisola Antartica. L’area di mare che circonda questa lingua di terra, però, è anche il cuore della pesca del krill antartico, la cui attività è cresciuta ininterrottamente negli ultimi anni.

Secondo Cárdenas, nella Penisola Antartica l’istituzione di un’area protetta non implicherebbe il divieto totale della pesca, ma alcune limitazioni: “Ci sarebbero delle zone precluse alla pesca e altre aperte”, afferma il ricercatore. Secondo Cárdenas “è una questione geopolitica, vogliono lasciarsi quelle aree aperte. Anche se la Russia oggi non è attiva nella pesca del krill, ha intenzione di mantenersi ogni diritto per il futuro”. Né la delegazione cinese né la delegazione russa presso il CCAMLR hanno risposto a una nostra richiesta di commento per spiegare le ragioni del loro veto.

L’ennesimo fallimento delle trattative per creare un sistema di tutela delle aree marine in Antartide mostra l’evidente difficoltà della comunità internazionale a dare risposte concertate alle sfide poste dalla crisi climatica.

Nel suo discorso di apertura ai lavori del meeting di Hobart, Monica Medina, sottosegretaria all’ufficio per gli Oceani e gli affari internazionali, ambientali e scientifici del governo americano, ha sollecitato “tutte le nazioni che hanno obiezioni a lasciarle cadere, prima che sia troppo tardi per salvare quello che possiamo di questo prezioso luogo - i pinguini, le balene, gli uccelli marini”.

Per un pugno di krill

Il krill è considerato alla base della catena alimentare in Antartide, in quanto si nutre di materia organica prodotta dal fitoplancton e viene a sua volta mangiato da una grande varietà di predatori, in particolare balene, foche, pesci, uccelli marini e cefalopodi. Attraverso questo ciclo, il krill è protagonista anche del processo di cattura e stoccaggio del carbonio nel mare.

Secondo un report pubblicato nei giorni scorsi dal Wwf, “questo processo equivale ogni anno all’affondamento di 23 milioni di tonnellate di carbonio nelle profondità oceaniche, dove può restare stoccato per 100 anni”. “Come individuo il krill è piccolo, ma collettivamente è molto potente per la sua capacità di stoccare carbonio e contribuire a mantenere condizioni climatiche stabili”, afferma Emily Grilly, responsabile conservazione per il Wwf Antartide.

Il 20 ottobre un gruppo di dieci scienziati ha pubblicato un articolo sulla rivista Science, chiedendo al CCAMLR una stretta o una messa al bando della pesca in Antartide, mostrando il pericoloso effetto combinato dei cambiamenti climatici e della pesca industriale sugli ecosistemi antartici.

“Visto l’immenso valore globale dell’Oceano Meridionale”, ha detto Cassandra Brooks, prima firmataria dell’articolo e docente di studi ambientali all’Università di Boulder, in Colorado, “dobbiamo urgentemente creare strumenti che ci permettano una migliore gestione degli spazi, e considerare tutti i pro e i contro nel continuare la pesca nella sua forma attuale”.

Intanto negli ultimi due decenni la pesca del krill è cresciuta in modo piuttosto costante, passando da 114,000 tonnellate nel 2000 a 451,000 tonnellate nel 2020 (dati CCAMLR).

La Norvegia è il leader di quest’industria: la sola azienda norvegese Aker BioMarine gestisce da sola circa il 65% di tutta la produzione mondiale di krill Antartico. L’azienda ha affermato che l’80% della sua produzione di krill è destinata all’industria dei mangimi, in particolare per gli allevamenti di pesce. Il Paese negli ultimi anni non ha fatto totale ostruzionismo alle aree marine protette, ma ha chiesto di preservare le attività di pesca.

"La Norvegia rimane impegnata a portare avanti i lavori sulle proposte di aree marine protette nella riunione della CCAMLR di quest'anno", afferma Erling Rimestad, segretario di Stato presso il ministero degli Affari Esteri norvegese. “Dal nostro punto di vista le misure protettive possono e devono essere sviluppate come complementari rispetto alle misure di regolamentazione della pesca”.

La Cina è il secondo produttore mondiale di krill, in rapida ascesa. Nel 2010 il governo cinese ha lanciato un piano strategico per sviluppare la pesca del krill in Antartide che dal 2016 incentiva con sussidi. Oggi la Cina sta allargando la sua flotta, con una nuova nave pronta ad aggiungersi alle quattro già operative in Antartide e altre tre in fase di costruzione.

Per quanto riguarda la Russia, negli anni ‘70 fu l’Unione Sovietica a inaugurare la pesca industriale del krill antartico. Dal 2010 la Russia ha interrotto l’attività, ma secondo Reuters nel 2022 ha annunciato un piano per investire 45 milioni di rubli (720 milioni di euro) nella pesca del krill, anche costruendo cinque navi per la pesca a strascico.

“Come prevedibile, c’è un’evidente sovrapposizione tra i Paesi che si oppongono più duramente alla creazione di aree marine protette e quelli con interessi legati alla pesca nella regione”, scriveva già nel 2019 Greenpeace nel report Licence to Krill.

Altri Paesi che pescano krill in Antartide sono il Cile, la Corea del Sud e l’Ucraina, mentre Australia, Francia, Giappone, Nuova Zelanda, Sud Africa, Spagna, Regno Unito e Uruguay, insieme a Corea del Sud e Ucraina, hanno licenze in Antartide per pescare il pregiato moro oceanico (anche noto come austro merluzzo, diffuso in ristoranti di fascia alta). L’India ha annunciato durante il CCAMLR la propria intenzione di avviare attività di pesca per il krill e per il moro oceanico in Antartide. Tutti questi Paesi hanno votato a favore dell’istituzione delle aree protette.

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